Mosca 1996
25. VIII. 1996
In volo sull’Europa. Ore 17:05. Il viaggio è ufficialmente iniziato. Il volo di linea Aeroflot su286 è bellissimo: fa schifo. L’Iluscin-86 visto da dentro sembra avere decenni di vita, in pratica non hanno mai rifatto gli interni. I sedili sono sfondati, e i tessuti, logori, puzzano di vissuto umano. L’altoparlante gracchia. Ma d’altronde non posso non essere contento: non cercavo proprio questo?
Ero seduto, ovviamente lato finestrino, con due ragazze russe di fianco. Bella lì, ho pensato, ora faccio un po’ di conversazione ostellante… arriva una terza e iniziano a confabulare fra loro. Ad un certo punto l’arrivata si rivolge a me dicendo, «scusi… signore-parla-italiano?». Io, esaltato, «Sì!», «allora possiamo fare cambio posto?»… per la mazzata che ho preso l’aereo ha un rollio di 30°. Così per stare vicino alle amiche mi sbatte in business class (che non cambia un cazzo dall’economy: socialismo reale) a fianco di altre due ragazze russe: Susha di otto anni e Ina di sette, entrambe di Tula. Ma di bambini l’aereo è pieno, ce ne sono almeno duecento, sono quelli che vengono a passare le vacanze in una famiglia italiana.
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